Hans Holbein - Gli Ambasciatori

giovedì 14 luglio 2016

Psicopatologia della Vita Quotidiana 2.0




Psicopatologia della vita quotidiana 2.0
Domande
Capita sempre più sovente oggi all'analista di chiedersi se sia psicoanalisi la pratica in cui si trova implicato. Il mondo liquido è trionfalmente entrato e si è insediato anche in seduta.
Provvisorietà, revoca repentina di accordi fragili che nulla hanno del patto ,sono quasi all’ordine del giorno. Di che cosa si parla pensa il nostro analista, quando per esempio si dice che la purezza della psicanalisi va tutelata, ponendola extima dalle ingerenze statali e istituzionali quali gli ordini professionali di medici psicologi o altro ancora?
Cosa è psicanalisi e chi è analista nella domanda contemporanea ,e bordare quali mancanze e di chi, sì chiede il nostro, quando il legame sociale fa acqua da tutte le parti ,e il non volerne sapere e’ quanto mai in auge?
Come può ripensare alla luce del momento che sta vivendo la sua posizione e la sua funzione, lui che è solo,nel rapporto corpo a corpo con un "altro"?
E nello stesso tempo sente di essere convocato dalla urgenza della domanda dell'altro come psicanalista scalzo, cioè come un attore sociale, qualcuno interpellato nella polis, ben oltre all'area ovattata dello studio.
Eppure, nonostante queste urgenze, sente che c'è qualcosa su cui non ha da cedere. " Io non sono nient'altro che quel coglione che accetta di stare in quel posto (di non padronanza)", e' la frase di un anziano collega che gli risuona ora e gli pare echeggiare le ragioni del suo esserci e contenere in se’ il nocciolo su cui non cedere. Questo interrogarsi su cosa sia la psicanalisi ,ancora ,come ai tempi dei berlinesi, e via via con  Ferenczi e Groddeck fino agli eretici degli anni che seguirono, ancora a incontrare lo zoccolo duro della istituzionalizzazione come resistenza dell’analista,e dei suoi tabù:di toccare,di parlare,di relazionarsi…(v. Oury..)

I clienti
Una umanità confusa, a una dimensione, senza profondità. Egli si trova ad alfabetizzare, senza fare tenuta, sperando di aprire spiragli per domande future ,mentre cerca di predisporre “belle forme” per le sedute a venire,che il più delle volte non ci saranno. Vengono anche senza denaro per pagare la seduta, forse  hanno la carta di credito .virtuale? Arrivano in modo pulsionale sempre accompagnati da un loro a/Altro sregolato, e pronti a ritornarvi. Ed è l’ analista a ritrovarsi  oggetto di scarto. Effettivamente la malattia psicologizzante che si impadronisce di lui:  non forzare le tappe ,accoglierli dove sono, è quella che lo conduce a finire oggetto di scarto lui ,che  fra gli altri psy  si presenta con insegne ancor più deboli, poco incline a diagnosi, prognosi, vago sulle tempistiche, scarso di sons et lumieres fallici.
Il suo unico atout e' situarsi nel posto del sembiante e rivestire di se’ l'oggetto agalmatico del desiderio.
I clienti e il desiderio
Di parlare ,di trovare ragione. Non si pone nemmeno l'eventualità di immaginare un percorso che dalla ragione si sposti verso le ragioni come cause, e infine verso il saper-ne. Le loro visite lampo si spengono nel tempo di un fiammifero. Sono rosi dalla fretta, prede della metonimia. .
Ciò che per loro fa da punto di tenuta , sono i loro godimenti che si palesano come sofferenze: il fumo, gli antidepressivi, l'insonnia, il tic nervoso, le fobie , le crisi di panico, le ossessioni,le sopraffazioni subite,il sesso che non funziona.
Molti lo contattano nelle prime ore della notte su internet e rimangono animule blandule che non si paleseranno nemmeno con un passaggio al telefono. Altri sono dotati di un segretario: marito, moglie padre, figlio che prende i  contatti a volte con funzione di facilitatore del passaggio del familiare alla venuta in studio, altre volte con funzione totalizzante di protezione. Il congiunto rimane in questi casi dietro questo paravento come in un area di clausura.
E' dal male di vivere che cercano di guarire e probabilmente una seduta o poco più sono loro sufficienti per capirlo e anche per elaborare la forza per andare avanti o la sfiducia nel ritornare. Pare loro oltretutto lo studio dell'analista un luogo fuori dal mondo :opaco, ovattato,su cui non sanno come imporre la presa di una accelerazione che lo riporti nella categoria del noto. Quello che era il valore del luogo terzo ora diventa freddezza ,lontananza ,nell'epoca del trionfo della madre.
Più questione per il nostro analista di trovare consistenza nei vecchi riti che funzionavano con i pazienti d'antan e che forse funzionano ancora per se stesso quando si sposta per l'Europa per le sue supervisioni blasonate. Ma anche egli si scopre con stupore sempre più sciolto da lacci e lacciuoli che lo hanno trattenuto per lunghi anni. Del resto nemmeno il suo cervello è esente dalla plasticità neuronale che lo sta riplasmando come tutti gli altri nell'era di Internet.
Internet
 il nostro analista scalzo che instancabilmente prosegue la sua riproposizione dell'esperienza di parola inizia a chiedersi quale ne stia diventando lo statuto. Fino a che ci sarà la parola diceva Melman 15 anni orsono,con le sue leggi la metafora e la metonimia, ci sarà posto per l'inconscio. Quelle a cui Melman si riferiva erano le parole incarnate  dalla voce, quelle fatte di corpo. Ora i clienti arrivano da Internet e molti vorrebbero rimanervi:" se ci fosse il servizio on line sarebbe meraviglioso,,, "
Short messages e Twitter WhatsApp sono mezzi di comunicazione da cui non è più possibile astenersi. Promotori di pensiero corto e multicentrico ripropongono in versione 2.0 l'attualità delle associazioni libere poste come unica regola fondamentale da Freud, e delle sedute brevi, inaugurate con grande scandalo da Lacan.
Ma in una dimensione disincarnata.
C'è e ci sarà sempre di più letteratura sul valore di prolungamento protesico del corpo assunto dagli strumenti quali i vari schemi del PC smartphone iPad Kindle il mouse la tastiera ecc ecc. Sono indubbiamente entrati nella costituzione dell'identità corporea soggettiva eppure il nostro analista continua a sentire che la parola come metafora e soggetta alla metonimia, per dare origine all'inconscio deve sottostare alla castrazione che si incontra solo nel corpo a corpo. Certo le parole virtuali e quelle di carne si intrecciano sempre di più fino a legittimare l’interrogativo sullo statuto che questa parola ibrida sta assumendo nel legame tra le persone e con quali effetti .Nel suo saggio Nicholas Carr (2013) descrive le perdite che ogni civiltà ha sostenuto ,nei passaggi epocali in cui la tecnologia si è imposta, insieme ai vantaggi inestimabili che ne sono derivati. E sono sempre state perdite legate alla corporeità soggettiva e nel legame sociale. Al corpo. Per esempio, si chiede il nostro: cambia qualcosa in una interpretazione se espressa in effigie o in absentia? A quali condizioni può risultare mutativa nel senso in cui la intende Strachey?
Quando de Kerckhove  argomentando con Carr da una posizione opposta sostiene che i Big Data sono il nostro inconscio digitale ,prende a prestito dalla psicanalisi un concetto, senza sapere di cosa parla: cioè che l'inconscio non è un reservoir nascosto, ma un sapere impossibile nel senso che non c'è parola che vi possa accedere, ma è solo dalle parole che può essere contornato. È un'esperienza di incontro con  l'impossibile a dirsi, nella castrazione dunque. Secondo Carr l'utilizzo di Internet ci impoverisce la memoria ,ottunde gli organi di senso il linguaggio e riduce anche le gradazioni emotivo-affettive.


 Mentre questi flash gli attraversano la mente,intanto in seduta i pazienti più giovani gli stanno enumerando le nuove fantastiche e risolutive modalità terapeutiche che vengono loro suggerite dai loro coetanei ai quali la psicanalisi pare una pratica troppo vecchia e ormai superata, e lui stesso d’altronde  è impegnato a recuperare la sua creatività messa a dura prova dall'aver vissuto nell'epoca delle ideologie e del tempo infinito in cui nelle sue esperienze di formazione " la teoria  gli è stata picchiata in testa”....
A fronte di queste esperienze e sempre più spesso, capita al nostro (che va detto: è una donna), di interrogarsi sul setting che propone. Come da tradizione si attiene al classico colloquio in studio in cui l'astinenza predomina nell'incontro tra le due persone. Recentemente gli è capitato, in un incontro seminariale internazionale di ritrovarsi a condividere queste considerazioni con altri colleghi di età per lo più piuttosto matura. Predominava la consapevolezza che sia necessario un cambio di stile, parlare, comunicare, condividere. Sostegno consigli, conforto addirittura, non possono più essere atteggiamenti tabù nella pratica. Veniva riconosciuto dai partecipanti che aver vissuto la loro vita nell'ideologia politica ,sociale e nella professione è un dato da perlaborare.
Veniva anche rilevato che la creatività che ciascuno poteva possedere e che magari esercitava con entusiasmo in altri campi (insegnamento teatro eccetera), nell'esercizio della funzione di analista era stata in loro frenata dagli interdetti  vissuti od agiti prima come pazienti e poi come analisti. Venivano Portate queste considerazioni in quel gruppo di lavoro ,quasi timidamente , e nemmeno da tutti, come a vergognarsene .
Inoltre ,che sia venire in studio la modalità più consona per ciascuno oggi? Le Biblioteche come" Piazze del Sapere"(Antonella Agnoli) non potrebbero ad esempio ospitare anche l'esercizio al saper-ne proprio del percorso psicoanalitico? Insomma l'idea che ci sia un lavoro duro da fare sul rapporto tra teoria, pratica analitica e contesto socio politico si fa strada sempre più. Se si guarda intorno constata come gli analisti siano sovente chiusi e frammentati negli interessi piccini di una serie di  micro associazioni ,poco inclini ad esporsi individualmente a causa di innumerevoli processi transferali e certamente ,ma in questo essi si trovano in buona compagnia,non sempre in possesso di quel bagaglio di interessi e competenze culturali che Freud poneva come prerequisiti essenziali.
Torna ad abbeverarsi alle fonti il nostro ,e a poco gli serve constatare che nel 1924 Ferenczi si trovava a registrare un analogo mood nella situazione della psicanalisi .....Oggi  che la psicanalisi permea  di se' la società :nella cultura nei costumi nell'educazione e perfino  nella sanità; e le  parole introdotte da Freud sono diventate moneta corrente nel discorso comune ,tuttavia la domanda che i soggetti portano nella loro ricerca di uno “Psicologo”  prelevato dal supermercato delle psicoterapie , ha le caratteristiche per incontrare un’offerta  psicanalitica?. Nulla sanno sul  tempo (dell'attesa)  sul rapporto con l'analista (in quanto Altro e non in quanto  simile) ,portati dall'urgenza di una risposta che prescinde da ogni possibilità di elaborare un percorso clinico. Se fino ad ora il nostro compito è stato di accompagnare i defilè della parola dall’urgenza della cura all'umiltà di elaborare il sapere che non si sa di sapere, oggi c'è da chiedersi (oltre al nostro mantra sull' imperativo a godere che ha soppiantato quello del dovere) se la stessa “chimica cerebrale” abbia ancora i requisiti per sostenere una siffatta esperienza.
 Parallelamente e nello stesso tempo noi riscontriamo però dei dati clinici che è troppo semplice catalogare come godimento. Vanno indagati e  ci indicano una strada. Spesso il cliente dal “pensiero corto” fatica ad accettare la chiusura della seduta, il più delle volte continua nella sua enunciazione, si ferma sulla porta  per ulteriori considerazioni e osservazioni ,aggiunge particolari ,porta un testo scritto che tiene accanto o sfoglia mentre parla, oppure spiega come a casa a prenda appunti o pensi a ciò che è stato detto in seduta…
Al nostro analista capita di chiedersi se il suo compito sia quello regio di assicurare un luogo all'ascolto o non debba egli allargare questo suo impegno nella polis non tanto come analista ma come cittadino-psicanalista. E quando si immagina impegnato in questo modo,gli piace pensare che un bastone possa finire tra le fauci del politically correct, convinto come è che la pulsione a cui viene impedito di farsi strada dalla porta, rientri dalla finestra ,nel Reale. Si rende conto il nostro, di stare trascorrendo la vita sotto il giogo delle ideologie…
There is nothing so practical as a good theory (Kurt Lewin)
La forma attuale della domanda è di cura :dell'a/Altro .E’ sempre l'a/Altro che non va .Anche il nostro analista a tratti da’ questa impressione. Come se, trascinato dall’ essere in trincea, gli venisse a mancare la distanza per tenere saldi gli strumenti teorici e culturali .Come se ci fosse uno sbilanciamento della sua posizione verso il S/ o l'oggetto causa di desiderio o scarto, piuttosto che verso il Sapere.
Colette Soler da qualche parte scrive a proposito di certi analisti che non prendono la parola e stanno come le carpe, che vivono mute sul fondo …gli pare,al nostro,che da quella posizione di opaca saggezza,  il Sapere può anche apparire  un vano feticcio….Sa che non rimarrà traccia di lui ,semplice portatore d'acqua ,nel bagaglio teorico della psicanalisi .Gli è estraneo elaborare teorie :forse che l'essere donna c'entra in qualche modo ?La vita di una donna è dura e per poter fare l’intellettuale,ancora oggi come ai tempi di Virginia Woolf, è un'impresa ricavarsi una stanza tutta per sé. E poi a dire il vero le pare un po' buffa a volte la corsa verso il fondare, il rifondare ,l’istituire ,che i colleghi uomini intraprendono mano a mano che  invecchiano,  preoccupati di voler lasciare tracce …Ammira peraltro i colleghi tra cui alcuni le pare abbiano il coraggio della ricerca originale e gli strumenti intellettuali per portarla avanti.. Ammira anche altri colleghi non particolarmente originali nella loro elaborazione teorica, ma senza dubbio ora è in grado di comprendere il valore di testimonianza che dà il loro avere imparato e accettato di operare dall’interno di realtà Associative.. Come ammira chi ha corso il rischio di correre in solitudine costituendo un nuovo punto di riferimento in cui altri  hanno potuto riporre la loro fiducia ..Eppure non le sfugge  che anche in questi uomini permane il baco della critica; anche per loro l'a/Altro non va, come se ci fossero luoghi da non poter condividere tra pari ,come se il proprio consistere trovasse come sempre sostanza dallo sbaragliare la consistenza dell'altro. .La psicanalisi stessa è trascinata in questo movimento inclusione/esclusione: dentro/ fuori ,migliore / peggiore ,morta /viva più che mai ,luogo della cura/ luogo del sapere ,scienza /disciplina..(fine 1° parte).



Nessun commento:

Posta un commento

In alternativa al commento è possiblie inviare una mail a emanuela_marangon@hotmail.com