Hans Holbein - Gli Ambasciatori

sabato 26 novembre 2011

Il Dibattito sulla Psicanalisi/Continua: 3-Graziano Senzolo

Come rovescio del discorso del padrone la psicoanalisi non può che intrattenere con quest'ultimo un rapporto dialettico che è di antitesi e, contemporaneamente, di legame strutturale.  La psicoanalisi non può che essere perennemente eccentrica rispetto al discorso dominante. D'altra parte non può nemmeno prescinderne. Deve tener conto dei sembianti che concorrono a determinare il discorso che, di epoca in epoca, si rivela dominante. Ci si può separare (quindi differenziare) solo assumendo la propria alienazione.

Nessun dubbio che uno di questi sembianti sia oggi la psicoterapia. La novità freudiana si è consumata a suo tempo e non è più riattualizzabile. C'è sempre, e solo, una prima volta. D'altra parte, Sias lo sottolinea benissimo, essa stessa ha contribuito a dar consistenza a questo sembiante, a istituire la "talking cure". 

Che oggi questa cura non sia più solo appannaggio della psicoanalisi non può essere oggetto di recriminazione da parte degli psicoanalisti. Certo occorre sempre elaborare la propria specificità. Ma non concordo con gli "indignati" della psicoanalisi che gridano il loro disappunto nel vedersi "scippato" il proprio dispositivo da altri orientamenti. Che per altro, hanno ormai storia piuttosto lunga e una loro dignità (penso in particolare all'approccio sistemico).

Nell'epoca di Lacan il bersaglio polemico era la psicologia dell'io di matrice americana. Ora sono le terapie cognito-comportamentali. Questa esigenza di avere un nemico segnala sempre, sappiamo, una minaccia immaginaria per la propria "identità". Ma la minaccia reale - l'esperienza in particolare del lacanismo ce lo ha dimostrato ampiamente - non viene affatto dall'esterno bensì per linee interne. E' la psicoanalisi a costituire la minaccia più radicale per se stessa, con una fratria analitica orfana di padre che si è consacrata al conflitto permanente, in una escalation di rivalità fallica su chi dovesse essere riconosciuto come il vero "erede". 

E mentre le diverse fazioni analitiche si combattevano, il campo della terapeutica è stato progressivamente occupato da altri orientamenti.

Inutile chiedere al padrone di essere "riconosciuti" nella propria specificità. Questo riconoscimento avverrà sempre, in qualunque epoca, in modo sghembo, in parte mistificante. Il padrone può riconoscere solo quello che gli è affine: nell'oggi l'opzione medicalistica, come ideale della regolazione integrale della salute dell'individuo. L'inconscio contesta per struttura il discorso della padronanza e quindi non può che suscitare ostilità o, nel migliore dei casi, produrre l'assimilazione dell'estraneità perturbante che apporta a qualcosa di più rassicurante.

Sta all'analista quindi praticare questa alienazione al discorso dominante attuale trovando modalità separative che preservino lo spazio perché vi sia atto analitico. In altri termini: non è il significante "psicoterapeuta" a barrare l'analista ma quest'ultimo a utilizzarlo nel transfert (istituzionale e/o individuale) per riuscire a garantire (e, aggiungo, dimostrando anche come ci riesce) l'operazione analitica (che consiste nel riportare al soggetto la propria domanda "riabilitandolo" anche alla riposta: un'etica della responsabilità, dunque).

Nell'oggi la psicoterapia è, alla stessa stregua del transfert, sia l'impaccio che il motore primo della cura. Che i pazienti si rivolgano al terapeuta "esperto di" con l'attesa di oltrepassare una sofferenza (ricordiamoci che non c'è analisi possibile senza questa domanda "terapeutica"), non solo non mi sembra un intralcio bensì il motivo stesso che dà impulso a una cura. Che questa si possa dire "analitica" è da dimostrare solo retroattivamente, come capacità di dar vita a un transfert simbolico uscendo dalle paludi di quello immaginario. 

Tornando a Freud: il transfert, il legame paziente analista, non può che essere dell'ordine di una Falsche Verknüpfung, di un falso nesso. La verità si trova sempre, e solo, a partire dalla menzogna.


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