Hans Holbein - Gli Ambasciatori

lunedì 15 marzo 2021

La Parola in Francoise Dolto

 La parola in Francoise Dolto.

Testo di un mio intervento letto ad un Convegno del Forum Salomè.


J’AI DEUX JAMBES QUI ME MANQUENT[1]: LA PAROLA IN FRANCOISE DOLTO

 In Piemonte per dire " grossip "si dice " tagliare e cucire ". Con le parole e su un'altra scena si intesse un altro discorso. Nella moda il bel taglio è un'arte e cucire e tessere, sono , si sa, arti inventate dalle donne . Ebbene la parola di Francoise Dolto fa taglio , ma cuce: sé e vero che " le parole sono prese in tutte le immagini corporee che imprigionano il soggetto "[2], ecco che su un'altra scena il tessuto così ritagliato dà l'immagine corporea .

E mentre tagliando  crea i bordi, cucendo dà la bella fattura: l'Immagine Corporea, concetto da lei elaborato per dar conto di altro dallo schema corporeo; l'immagine che viene da parole: quelle della relazione securizzante e umanizzante . Eccoci al cuore della sua teoria: è la relazione a costruire l'essere in quanto umano. E le parole ne sono il concime. Ma quali parole? Sicuramente le parole vere , rivolte all'altro e non al proprio fantasma. Parole che dicono  ma parole che sanno anche dire del segreto ,del " non tutto " si può dire, che istituiscono il limite e il sacro. Altro dal dire tutto che è proprio sia del discorso isterico che di quello scientifico e che si manifesta in modo particolare con la esigenza sempre più diffusa della " trasparenza ", dietro cui sta  un fantasma che scarnifica e  disumanizza.

 

Francoise Dolto era una psicanalista coraggiosa. Dico questo  considerando il suo percorso teorico e scientifico attraverso il quale lei indica a noi donne nella psicanalisi che è possibile una posizione diversa da quella di discepola, custode dell'ortodossia, dunque reazionaria e conservatrice che pare essere l'ovvia e naturale posizione che le donne possono assumere ; non era lontana l'epoca del " L'ha detto Lui ", tipico intercalare di Marie Bonaparte[3], che se non ricordo male divenne l'appellativo stesso con cui ironicamente la stessa principessa veniva definita.

 

Il mio primo incontro con Francoise Dolto, sull'onda di queste considerazioni, si ebbe proprio quando mi toccò, novello angelo della macchina da scrivere, battere a macchina la traduzione, ad opera di colleghi maschi, di una conferenza che Dolto aveva tenuto a Nizza nell’87[4] e che avevamo avuto  l'incarico di tradurre a Torino : si trattava di pubblicarla successivamente in lingua italiana. Mano mano che leggevo rimanevo stupefatta... fu anche la prima volta in cui seppi dell'invenzione e dell'esistenza delle “Maison Verte”. Parecchi anni dopo nel 1998 a questo proposito poiché c'era un interesse in tal senso da parte della Facoltà di Psicologia dell'Università di Torino, fui a Parigi, invitata da Bernard This a visitare la Maison Verte del 18° arrondissement. Mi trovavo lì seduta al suo  fianco prendendo furiosamente appunti di ciò che lui diceva a me e a chi era intorno e stavo bene. Ricordo che ad un certo punto all'arrivo di un bambino con sua madre, This alzò gli occhi e rivolto alla donna le chiese con chi lei fosse (Avec qui etes vous ici?). Ed io colsi in questo rovesciamento di prospettiva che vedeva il bambino come protagonista e agente attivo non tanto e non solo della sua socializzazione quanto di quella dell'adulto l’eco dell'insegnamento di Francoise Dolto elaborato attraverso la grande umanità di Bernard This. Ricordo che mentre mi raccontava  quali fossero le caratteristiche che chi operava in queste equipes dovesse avere mi disse chiaramente che gli analisti lacaniani erano i meno adatti, giudizio che io ancora in analisi e totalmente immersa nel transfert mi affrettai a fissare nei miei appunti. Mi disse anche molto chiaramente che nella eventuale Maison Verte a Torino, poiché non dovevano esserci voyeurs bisognava che la docente con cui collaboravo facesse essa stessa parte dell’equipe: lì iniziai a capire che il progetto a Torino non avrebbe avuto seguito... come sempre nella psicanalisi non ci sono scorciatoie: non è attraverso i libri o il sapere libresco che ci si può coinvolgere. E Dolto ci testimonia proprio questo con la sua pratica alla rue Cojas nella quale per molto tempo si riunì su suo invito a seguito di  rigorosa selezione, un gruppo di psicanalisti che intendevano formarsi al suo modo di operare ma che prima di ogni cosa erano lì a testimoniare delle psicanalisi che lei svolgeva con i bambini, e come in un coro antico  rendevano possibile la circolarità del transfert . Si dice di Francoise Dolto che non ha fatto scuola, si sa che in molti casi lei non si è fatta pagare né per il lavoro che ha svolto per molti anni all'ospedale Trousseau… ne per le  supervisioni. Lei reputava che ci fosse  un sapere reciproco che circolava.[5]

Ma vorrei a questo punto fornire qualche elemento tratto dalla mia esperienza clinica che  in un certo periodo della mia attività fu molto influenzata dall’Image Incosciente du Corps[6].

Durante la mia esperienza professionale come psicoterapeuta mi sono trovata ad operare  in qualità di insegnante di yoga, ( dunque non rispondevo a specifiche domande di psicoterapia ) e anche come psicoterapeuta in una istituzione per anziani prevalentemente non autosufficienti .

La testimonianza che vorrei portare oggi riguarda prevalentemente il lavoro con i vecchi. Sia durante i colloqui che avevo con loro in cui spesso parole e disegni si intrecciavano, sia in tutto l'ambito che riguardava la riabilitazione e cioè quello più propriamente medico e durante gli incontri con il personale parasanitario in particolar modo con i terapisti della riabilitazione, mi trovavo a interrogarmi in modo ovviamente diverso dal loro sul corpo. Intendo dire che la principale preoccupazione oltre ovviamente alle cure generali del corpo in quell'ambiente è costituita da tutte le tematiche legate alla riabilitazione tese ovviamente a migliorare la funzionalità legata al fare e all'andare e a consolidare l'orientamento nel tempo nello spazio .

 Portavo questi miei interrogativi sul corpo nel reale nel simbolico e nell'immaginario nella supervisione che all'epoca affidavo a Gabriel Balbo. Si stava lavorando in modo più generale allo stadio dello specchio come costitutivo mediante anticipazione dell'unitarietà dell'immagine del corpo,vale a dire del bordo simbolico che unificava i pezzi scoordinati per via della nota prematurazione.  Per quanto riguarda i vecchi in letteratura trovavo autori che parlavano di specchio fatto a pezzi, di inconscio a cielo aperto, e in generale sentivo sostenere che i vecchi sono come i bambini La mia osservazione clinica mi portava a non condividere queste posizioni e affermazioni o comunque a volerle più articolate

Mi interessavo allora e su questi temi del corpo ai lavori di Sabina Spielrein sulla pulsione di distruzione, a quelli di Ferenczi sull'intelligenza della cellula e sul trauma,alla Teoria matematica delle Catastrofi di Renè Thom…

Ma dalle conversazioni effettuate in supervisione ricevetti l'indicazione a prendere visione sia del numero del Coq Heron sull’Aptonomia sia dell’Image Incosciente du Corps, all'epoca non ancora tradotto in italiano.[7]

Devo dire che ricevetti un aiuto enorme oltre a conferme incoraggianti a ciò che mi interrogava.

Mi chiedevo infatti che cosa ne fosse dello schema corporeo nei vecchi soprattutto in quelli colpiti da gravi invalidazioni motorie o psichiche poiché  per esempio dai disegni che  facevano mi rendevo conto che non era per nulla scontato quale fosse il loro rapporto con la realtà..[8] Ne conseguivano effetti rilevanti sia sul come parlare con loro , che sul piano delle strategie da adottare ai fini della riabilitazione sia in palestra che neuromotoria e cognitiva.

Inoltre cosa pensare di persone pesantemente sedate poiché disturbavano ma che pure sotto sedativo mantenevano tracce di un'organizzazione soggettiva “coerente”, o ancora cosa pensare di lingue che continuamente percorrono il bordo delle labbra o mani che continuamente percorrono i bordi degli oggetti intorno o ripetono antichi gesti consueti oramai senza senso come per esempio piegare all'infinito un fazzoletto, o quando più nulla c'è cosa pensare di persone allettate oppure sprofondate nella demenza intente a respirare. O ancora come fare entrare nel discorso l'esagerata assunzione di cibo o l'esagerato amore del canto a gola spiegata in una persona immobile in carrozzella?.[9] Ricordo in questo momento una vecchia allettata che con fare complice e malizioso mentre mi raccontava della preziosità delle sue mani: lei era stata una abilissima ricamatrice .Mi raccontò di certe suppurazioni che erano per lei un rischio sempre presente che lei non assumeva i farmaci che le davano i medici perché non servivano a  nulla e si era invece guarita da sola curandosi con la saliva: le sue mani portavano la saliva dalla bocca alla parte infiammata…

 

 Dolto ci dice che le perdite di integrità dello schema corporeo possono essere sostenute quando l'immagine corporea tenga. Immagine abbiamo detto fatta,ancor prima della nascita, di relazione e dalla relazione, e veicolata da parole vere. Ma anche tale  che può bordare simbolicamente il reale dell'essere fino a livelli incredibilmente oscuri e sicuramente pre verbali o post verbali, come possono essere quelli in cui il respiro è l'ultimo baluardo immaginario che nell'oggi si aggancia e nutre un narcisismo pre-istorico, ultima àncora per l'essere in vita.

 

Non entro ulteriormente in questo mio intervento nel merito della esperienza che mi portò in seguito a fondare presso l'Ordine degli Psicologi la Commissione di Psicologia Gerontologica che ho coordinato per cinque anni, e a seguito della quale è nata  poi alla Facoltà di Psicologia di Torino la materia della Psicologia Gerontologica. Ma a chi abbia interesse a questa clinica posso in altra sede molto volentieri fornire delle considerazioni più puntuali.

L'interesse di questo ambito della clinica era per me che tutto ciò di cui la teoria di Dolto si occupa, nei vecchi è già definito; dunque non si torna indietro: si tratta piuttosto di dare conto di un, ancora, passaggio, tempo, nel quale le perdite sono da integrare nello schema corporeo contando su una immagine del corpo che è lì dalla preistoria del soggetto. Per esempio una vecchia che si ritrae e protesta di fronte alla aridità di una riabilitazione motoria dicendo: " vorrei uccidermi! Mi ucciderei ! Cosa mi serve , cosa mi serve tutto ciò !!: non ho le braccia troppo lunghe… " e un'altra sempre in riabilitazione motoria " non riesco, non riesco ma devo farlo perché loro ci tengono; il ragazzo viene addirittura qui, da me, sono molto gentili... ".

È coglibile in questi due casi la immagine corporea  funzionare in filigrana.

Questa capacità di lettura che mi poteva dare il lavoro di Dolto mi fu altrettanto utile nei momenti di lavoro con l'équipe della riabilitazione.

Ricordo una giovane terapista sconvolta poiché una vecchia la chiamava mamma: ero io a rimanere altrettanto scombussolata per il fatto che lei non arrivasse a comprendere che davvero questo era il modo in cui lei stava funzionando con questa vecchia si trattava piuttosto di trasporre  nuovamente nel fantasma un dire che era sceso troppo nel reale…

Avevo anche condotto per un certo tempo  un gruppo di parola composto da persone affette da demenza senile o di tipo Alzheimer, un lavoro molto bello in cui utilizzavo il loro linguaggio definito “fuori di senso” ,per creare attraverso metafore e metonimie, la più alta forma di simbolizzazione,cioè  il witz  ,che loro ben comprendevano ; si  tesseva dunque il discorso del gruppo... e anche lì ricordo che un vecchio raccolto dalla strada praticamente in uno stato disastroso ripulito riconfortato, in presenza mia, cioè di una giovane donna, parlando delle donne sue coetanee che partecipavano al gruppo mi diceva che esse erano “ degli stracci ": in una difficoltà di identificazione al simile che ho notato sempre in quell'ambiente, e infatti ,come il narcisismo si può appoggiare ad uno straccio? e anche qui dunque c'era un lungo lavoro da fare dal punto di vista della valorizzazione del soggetto a partire dalla elaborazione dell'angoscia di castrazione…

Come parlare con loro della parte malata o perduta? Ecco che con Dolto mi si aprivano mondi di possibilità inimmaginate; così iniziai a parlare con loro,evocando un immaginario altro da quello puramente medicale e stimolando un giudizio a coloritura affettiva che andava a bordare l’immagine in modo simbolico : rido nel constatare la goffaggine e il tempo lungo che la signora G. impiega per fare il giro attorno al letto. Lei è affetta da una emiplegia che le paralizza il braccio la mano destra: " che roba, non avrei mai detto! È roba mia si la posso massaggiare questa mano, ma poco sennò mi fa male, non mi dà nessun piacere questo corpo, un uomo non lo voglio no, le coccole me le fanno i miei parenti, le sigarette, di cibo la compagnia... è come un bambino? Si ma non fa niente... si sono io, ma[10]...

" non sono io!è morta! Sono 35 anni che sono così. Potrei scrivere un libro: il piede è morto! Così anche la gamba... " dice la signora N…. Affetta da emiparesi sinistra.

A ripensarci adesso mi rendo conto che queste persone tutte in riabilitazione, erano immerse in un grande brodo medicale, ma nessuno con loro parlava in modo che ricevessero castrazioni simboligene …

Si dice che i vecchi sono come i bambini: è vero nella misura in cui entrambi sono molto vicini ai misteri più grandi la nascita e la morte di cui nessuno di noi saprà mai nulla; solo gli altri ne sono testimoni; per quanto riguarda però tutte le questioni relative al corpo nel vecchio tutto un giro è stato compiuto non è certo più la stessa cosa... e Dolto ci dice che è l'immagine del corpo ( il corpo che abbiamo in testa potremmo dire ) riferibile ad un determinato stadio di sviluppo ,a fare la differenza...

 

Vorrei concludere questo breve intervento con il ricordo portato da una delle analiste che si sono formate alla sua sensibilità alla rue Cujas, che racconta un episodio avvenuto quando Dame Dolto era già seriamente malata di fibrosi polmonare e continuava a ricevere i bambini in consultazione armata di un imponente macchina per l'ossigeno a cui lei era collegata attraverso un tubo che le si inseriva nel naso. Lei diceva ai bambini incuriositi che erano i suoi " occhiali da naso ", che c'erano alcune persone che portano gli occhiali da vista perché vedono male e lei dato che respirava male, portava gli occhiali da naso. Questa spiegazione aveva l'aria di funzionare perfettamente per i bambini che non vi ponevano da quel momento più alcuna attenzione.[11]

Ecco è il suo modo di utilizzare la parola che mi lascia sempre spiazzata e vorrei dire che questa polissemia del significante è ciò che lei ha mantenuto del suo essere bambina, è per i bambini che il significante assume queste connotazioni, o per i poeti: che tristezza la povertà a cui giunge l'adulto che sul modello del suo pensiero colonialista e colonizzatore pretende di descrivere giudicare, valutare il pensiero delle altre età …

 

Emanuela Marangon

http://hal9000.cisi.unito.it/dialogopsy

 



[1]  Dolto F.Parler de la mort pag.52- Mercure de France, Gallimard 1998.

[2] Lacan,J.Scritti vol.I. Funzione e campo della parola  e  del  linguaggio in psicanalisi  .Giulio Einaudi editore 1974 Torino. Pag. 294

[3] la Principessa fu tra gli analisti da cui Dolto fu in supervisione (Il silenzio in psicoanalisi. A cura di J.D. Nasio  ed. Magi ,2005 pag.46)

[4] L’enfant dans la ville -Trames ed.Nice

[5] Spirale  Madame Dolto,N. 16/2000 ed ERES pag.89

[6] Dolto F. L’immagine inconscia del corpo  RED ed. Como 1996.

[7]Veldman-This: L’Haptonomie. Documents del travail du “Coq Heron” n. 9.

[8] V. disegni

[9] questa donna, relativamente giovane, era malata di diabete e quando io la incontrai era priva dell'uso della vista e non aveva più le gambe amputate entrambe. Poiché lei non era in grado di disegnare un giorno mi sedetti di fianco a lei e le proposi di disegnare il suo corpo. Allora lei mi dettava i segni da tracciare e io disegnavo. Proseguimmo nominando le parti del corpo fino a che arrivammo alle gambe amputate le ha seguito del diabete. Allora lei mi disse di disegnare le gambe " che ce le ho fatte così, che mi mancano " Le disegno intere chiesi io " no no le faccia così come sono : che mi mancano "

[10] il ruolo e la funzione dinamica di questo " ma " nell'economia psichica, nello schema corporeo e nella immagine inconscia del corpo non ha da  sfuggire al clinico.

[11] Spirale n. 16 ed. Eres  2000, pag 107

[1] il ruolo e la funzione dinamica di questo " ma " nell'economia psichica, nello schema corporeo e nella immagine inconscia del corpo non ha da  sfuggire al clinico.

[1] Spirale n. 16 ed. Eres  2000, pag 107


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